Manutenzione tecnica

Cattivo tempo: le buone pratiche in multiscafo

Parlare di cattivo tempo presuppone già che sia stata definita la soglia oltre la quale bisogna affrontarlo!

13 aprile 2023

Una volta scelto l'argomento, esso va trattato con umiltà ed esperienza per offrire qualche consiglio efficace a coloro che hanno perso il bollettino meteo o sono partiti per una lunga traversata con i pericoli che essa comporta.

Che cos'è il cattivo tempo?

Si ha l'abitudine di dire che su un multiscafo il problema non è mai il vento ma lo stato del mare. Esatto, perché è più facile affrontare il primo del secondo: si possono ridurre le vele, ma bisogna affrontare le onde. Comunque, il vento forte su un multiscafo può porre un problema, in particolare quando arriva senza preavviso. Come nel caso di alcuni temporali o quando, dopo aver navigato sottovento ad un'isola, con la randa tutta issata, si è colti da un vento di 35 nodi al traverso sul capo dell'isola...

E per quanto il mare sia sempre il più pericoloso, va ricordato che la forza che esercita il vento sulle attrezzature e sulle vele è proporzionale al quadrato della sua velocità. Questo significa che c'è una maggior differenza tra 25 e 30 nodi che tra 30 e 35 nodi.

Ma lo stato del mare resta un fattore di estrema importanza: è più facile navigare con 40 nodi di maestrale lungo la costa del Mediterraneo che partire dalle coste bretoni controvento, con 30 nodi, con un mare confuso a causa del passaggio di diverse perturbazioni, una dopo l'altra.

Non è quindi facile definire il cattivo tempo. Siccome l valori assoluti del vento e delle onde sono di poco aiuto, azzardiamo un altro approccio: si ha cattivo tempo quando si passa da una navigazione non confortevole ad una situazione pericolosa. In altre parole, ciò dipende dai parametri atmosferici, ma anche dalla dimensione della barca, dal suo allestimento e, soprattutto, dalle capacità dell'equipaggio.

Foto: Jean-Pierre Fréry

 

Alcune regole di condotta prima del (vero) cattivo tempo:

  • Riduzioni, prima la randa:

Al di là di una riduzione della superficie velica, abbassare il centro velico è molto vantaggioso per il beccheggio. Se il mare è formato e, a maggior ragione se si è di bolina, si ridurrà il genoa, oppure si userà la trinchetta. Nelle andature portanti, non bisogna temere di ridurre la randa con una o due mani di terzaroli, o addirittura ammainarla completamente con mare formato. Il timoniere riesce a mantenere più facilmente la rotta se la barca non tende ad orzare.

  • Di bolina si orza, alle andature portanti si poggia:

Quando la barca accelera troppo di bolina o fa fatica ad avanzare per il mare formato, orzare di qualche grado per ridurre la velocità e quindi il vento apparente. Al gran lasco è l'opposto. Poggiare (senza strambare) è la reazione corretta quando la barca accelera troppo velocemente su un'onda.

  • E con vento al traverso?

Il problema persiste: orzare o poggiare significa rischiare in entrambi i casi di accelerare, aumentando il vento apparente. Ecco perché bisogna mantenere in permanenza una mano sulla scotta della randa, pronti a filare.

Acquisire esperienza a bordo della propria barca, aiuta a conoscere, a seconda degli angoli del vento e dell'intensità, la giusta combinazione di vele che permetterà di anticipare la necessità di ridurre la superficie velica. L'uso di strumenti di navigazione funzionanti e correttamente calibrati è essenziale per ottenere informazioni precise relative all'intensità e all'angolo del vento reale.

Foto: Jean-Pierre Fréry

 

Le strategie con cattivo tempo

  • Di bolina, vela-motore:

una buona tattica consiste nel navigare di bolina molto stretta (tra 35° e 45° con il vento reale), con velatura molto ridotta - la randa ridotta con tutte le mani di terzaroli - aiutandosi con il motore sottovento. Si può così adattare la velocità in funzione delle onde ed, eventualmente, giocare con la leva dell'acceleratore per superare meglio le creste oppure, se necessario, rallentare dietro ad esse.

  • Vento in poppa:

più confortevole ma non senza rischi, in particolare se le onde sono corte e ripide. Perfino con onda lunga e ordinata, resta il problema di adattare la velocità della barca alla frequenza delle onde. Bisogna provare il più possibile a non andare con vento in poppa senza vele, per poter mantenere una certa manovrabilità. Attenzione, però, a regolare la piccola superficie velica rimasta in modo che le prue non si ingavonino, ciò ridurrebbe l'efficacia dei timoni. È una questione di equilibrio, anche se ciò significa calare cavi di tonneggio da poppa per rallentare la barca. La velocità può essere regolata allungando o accorciando l' ancora a trascinamento, facile da calare dalle piattaforme di poppa del catamarano. La barca rimarrà sullo stesso asse, tenuta da poppa.

  • La cappa:

non dovendo avanzare e se risulta difficile risalire al vento con cattivo tempo, addirittura a motore, può essere allettante mettersi alla cappa, ma rischia di essere molto difficile metterla in pratica. Naturalmente, in teoria, il multiscafo può rimanere fermo facilmente, appiattendo il mare. In realtà, riuscire a stabilizzare l'andatura risulta molto più difficile, soprattutto a causa della resistenza al vento degli scafi e della sovrastruttura.

Foto: Jean-Pierre Fréry

Foto in primo piano: Nicolas Claris